Il giorno della massima luce: quando l'Intelligenza Artificiale ci mostra chi siamo

Solstizio d'estate. Il giorno più lungo dell'anno, il giorno della luce più radiosa, il giorno in cui il buio è colpito e per un istante si rivolge. Oggi è il giorno in cui tutto è più chiaro e abbiamo la possibilità di vedere anche dove non vorremmo.

Per me, ma credo per tante e tanti altri, il solstizio d'estate è un momento di rivelazione. È quell'esatto momento in cui la luce arriva all'apice e si ferma per un istante prima di iniziare il lento declino verso l'inverno. È una soglia, la porta simbolica tra le due metà dell'anno. Mentre varco questa soglia, scrivendo queste righe nel giorno più luminoso (e caldo), rifletto su un'altra soglia che stiamo attraversando: quella di una nuova era per l'intelligenza umana.

Ed è un'intelligenza non umana che, in questo momento storico, ci sta rivelando verità profonde su noi stessi. Non quelle che volevamo scoprire, sicuramente quelle cui molti di noi non osano guardare.

L'IA non è quello che pensavamo

Negli ultimi mesi tre studi scientifici hanno gettato prime luci su ciò che accade quando interagiamo con i modelli di linguaggio come ChatGPT. Quello che emerge non lo trovo rassicurante. Da avido lettore di Asimov, non credo che l'AI di oggi sia pericolosa in senso stretto, ma ci sta mostrando uno specchio della nostra stessa natura cognitiva con le sue (magnifiche? devastanti?) imperfezioni.

Un primo studio ha misurato cosa accade nel nostro cervello quando scriviamo saggi con l'aiuto di ChatGPT. I risultati sono chiari, anche se ne temo una potenziale ed estrema semplificazione: la connettività neurale si riduce drasticamente. Il nostro cervello, letteralmente, si "spegne" quando delega il pensiero. Ma non è tutto: chi usa l'AI per scrivere non riesce a citare correttamente quello che ha appena prodotto e sviluppa un senso di proprietà frammentato verso il proprio lavoro.

In altre parole: quando deleghiamo il pensiero, perdiamo la memoria e la proprietà del nostro stesso operato.

Ma cosa significa davvero questo? A me suggerisce che il vero tema non è quello che produciamo con l'AI, ma come ci relazioniamo con essa. Non è il risultato che conta, è il processo. E il processo, sempre, è una questione di relazione umana, anche quando uno dei partner è artificiale.

Il paradosso dello specchio intelligente

Un team di Harvard ci consegna un'altro punto di vista sorprendente. Hanno scoperto che GPT-4o manifesta gli stessi bias cognitivi umani, inclusa la dissonanza cognitiva. ChatGPT cambia i suoi "atteggiamenti" in base a quello che ha scritto, esattamente come facciamo noi. Addestrandosi sul nostro sapere e sul nostro pensiero e assorbe le nostre irrazionalità insieme alla nostra conoscenza.

L'intelligenza artificiale, quindi, non è il computer logico e razionale che immaginavamo. È uno specchio ingrandente delle nostre stesse contraddizioni cognitive.

Infine (per ora), degli ingegneri di Apple hanno testato i limiti di ragionamento di questi modelli su problemi a complessità crescente e hanno scoperto che oltre una certa soglia di difficoltà l'AI, semplicemente, "si arrende". Non pensa di più quando le cose si complicano, pensa di meno. Come noi? Peggio? Meglio?

La soglia che stiamo attraversando

La questione, per me, è sottile e profonda. Decisamente non stiamo vivendo l'avvento di un'intelligenza superiore che ci sostituirà, ma vediamo la nascita di una possibile "mente estesa".

Nel 1998, due filosofi avevano già immaginato questo scenario: la nostra mente non è chiusa solo dentro la nostra testa, ma si estende agli strumenti che usiamo. Il taccuino di Otto, malato di Alzheimer, diventa parte della sua memoria. Il nostro smartphone diventa parte del nostro sistema cognitivo. E ora l'AI diventa parte del nostro pensiero.

Ma qui sta la questione cruciale: come in ogni estensione, possiamo amplificare le nostre capacità o indebolirle. Possiamo diventare Iron Man con la sua armatura potenziante o possiamo diventare dipendenti da una protesi che atrofizza i nostri muscoli fisici e mentali.

Il "matrimonio sacro" della nostra epoca

Il simbolismo del solstizio mi fa pensare che siamo di fronte a quello che potremmo chiamare il "matrimonio sacro" della nostra epoca: l'unione tra intelligenza umana e artificiale. Come in ogni matrimonio, non si tratta di perdere la propria identità, ma di creare qualcosa di nuovo mantenendo e potenziando la propria essenza.

Gli studi ci mostrano che ci sono molti modi sbagliati di attraversare questa soglia e, forse, qualcuno giusto:

Il modo sbagliato: delegare tutto, subito. Iniziare ogni progetto chiedendo all'AI "cosa devo fare?" o "fai al posto mio". È la strada del "debito cognitivo", più facile nell'immediato e che nel lungo periodo atrofizzerà le nostre capacità di pensiero critico, memoria e proprietà delle nostre idee.

Il modo giusto: iniziare sempre dal nostro sforzo autonomo, poi integrare l'AI. I ricercatori hanno scoperto che chi prima lotta con un problema da solo e poi usa l'AI per raffinare e sviluppare le proprie idee, mostra un'attivazione neurale più intensa e un apprendimento più profondo.

L'artigiano nell'era delle macchine quasi pensanti

Ho una fascinazione per la cultura nipponica e penso spesso agli artigiani giapponesi e al loro concetto di "ki", l'energia vitale che si manifesta attraverso la maestria. Un maestro falegname non usa il martello per sostituire la sua abilità, ma per esprimerla. Il martello diventa un'estensione del suo corpo, ma la creatività, la visione, la sensibilità rimangono profondamente umane. Mano, intelletto e spirito.

È questo un modello che possiamo seguire con l'AI. Di certo quello che voglio seguire io. Non sostituzione, ma amplificazione. Non delegazione, ma collaborazione.

Se ci troviamo a guidare persone e organizzazioni in questo momento di transizione, questo è il momento di pensarci.

Molte realtà stanno ancora cercando di ottimizzare il passato con strumenti del passato, mentre il mondo è già andato avanti. Chi saprà integrare l'intelligenza artificiale senza perdere l'intelligenza umana, anzi, avrà un vantaggio competitivo incredibile.

La responsabilità della Luce

Nel simbolismo tradizionale, il solstizio d'estate è il momento in cui siamo chiamati a guardare sia la luce sia l'ombra. La massima illuminazione ci permette di vedere anche ciò che preferiremmo non vedere.

L'AI ci sta mostrando le nostre ombre cognitive così umane: la nostra tendenza a cercare scorciatoie, la nostra fragilità di fronte alla complessità, la nostra suscettibilità ai bias. Ma ci sta anche mostrando le nostre potenzialità: la capacità di estendere la mente, di amplificare la creatività, di liberarci dai compiti meccanici per concentrarci su quelli più profondamente umani.

La responsabilità è nostra: decidere se vogliamo seguire la luce o aspettare il ritorno del buio.

Se stai leggendo questo articolo, probabilmente senti che siamo in un momento di svolta. E hai ragione. Non si tratta di tecnologia, si tratta di evoluzione umana.

La domanda che il solstizio ci pone ogni anno è sempre la stessa: cosa fai con la luce che hai a disposizione?

Quest'anno, quella luce include l'intelligenza artificiale. Puoi usarla per illuminare il cammino verso una versione migliore di te stesso e della tua organizzazione, oppure puoi lasciarti abbagliare e perdere la strada.

Gli studi scientifici sono chiari: il modo in cui integri l'AI oggi determinerà se diventerai più intelligente o più dipendente, più creativo o più standardizzato, più autonomo o più fragile.

Nel giorno più lungo dell'anno, con tutta questa luce a disposizione, forse è il momento di guardarti allo specchio e decidere che tipo di artigiano vuoi diventare nell'era delle macchine pensanti.

La soglia è qui. Il futuro inizia dalla prossima scelta che farai.

Il sole è al suo zenit. La luce è massima. Le verità sono illuminate.

Cosa scegli di vedere?


P.S. Se questo articolo ha risuonato con le tue riflessioni, scrivimi. Sono sempre curioso di scoprire come altri navigatori stanno attraversando questa soglia storica.

P.P.S. Come tante cose che faccio, per scrivere questo articolo ho chiesto aiuto alla AI. Ma non lo ha scritto lei, l'ho scritto io. Se ti interessa sapere come funziona la nostra collaborazione, scrivimi e parliamone!

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