Mentre pranzo, cerco di cogliere ispirazioni dalle tante newsletter a cui sono iscritto. Oggi, una mail mi ha fatto fermare: parlava di come entro il 2026 ogni executive dovrà anche creare contenuti rilevanti o “rischia l'invisibilità”.

La mia prima reazione? Fastidio, perché l'idea che per evolvere serva "diventare content creator" mi fa venire l'orticaria. Doppio fastidio perché, dannazione, c'è del vero in questa affermazione.

Ma poi ho riletto la mail una seconda volta e ho capito che il problema non è il messaggio che dice, ma come lo interpretiamo.

La trappola della sostituzione

L'articolo celebra (provocatoriamente?) aziende che sostituiscono interi team di content con una singola persona armata di AI. Efficienza, scalabilità, riduzione costi. Tutto vero, probabilmente. Ma mentre leggevo, sentivo crescere un disagio che mi è familiare.

È lo stesso disagio che provo quando vedo organizzazioni che cercano di "implementare il cambiamento" comprando un software o assumendo un consulente che applichi un suo modello preconfezionato. Come se il cambiamento fosse qualcosa da installare, non da attivare.

Ecco l'intuizione che mi ha colpito: qualcuno applica alla comunicazione lo stesso errore che facciamo con la trasformazione organizzativa. Cerchiamo di sostituire invece di amplificare. Di automatizzare invece di potenziare. Di standardizzare invece di valorizzare l'unicità, l'identità vera.

L'urgenza comunicativa non si programma

Mentre riflettevo su questo, mi sono reso conto dell'amara ironia: ho sentito nascere in me un'urgenza. Un'urgenza comunicativa autentica, nata da uno stimolo esterno, che mi chiedeva di essere espressa. Non c'era nel mio piano editoriale. Non era schedulata. Non era necessariamente allineata al mio target o al mio stile di comunicazione. Era semplicemente... urgente. Quando è così, devo scrivere.

Quante volte succede questo nelle organizzazioni? Un workshop genera un'intuizione potente. Una conversazione con un cliente illumina una nuova prospettiva. Un momento di crisi rivela una verità nascosta. E poi? Questi momenti preziosi evaporano, perché non abbiamo un sistema per catturarli e amplificarli o perché il sistema che c'è è pensato per altre situazioni.

Mario e il doppio bind della leadership moderna

Penso a Mario, il mio cliente tipo. Gestisce un'azienda di famiglia, cerca di arrivare a fine mese magari portando un po' di innovazione, si sente già solo in questo percorso. Ora gli diciamo che deve anche diventare "thought leader" sui social? Che deve produrre contenuti, costruire un personal brand, essere sempre presente? (Non me ne voglia l'ottimo Riccardo Scandellari, che è per me fonte di grande ispirazione!)

È come quando ti dicono che devi essere presente a tutti gli eventi di networking per crescere, ma proprio partecipando a questi eventi non hai tempo per seguire ciò che ti porta il pane a casa. Dannato se lo fai, dannato se non lo fai. Da un lato, è vero: la visibilità e la capacità di comunicare la propria visione sono sempre più cruciali. Dall'altro, aggiungere questo peso a leader già sovraccarichi rischia di paralizzarli ulteriormente.

Ma cosa succederebbe se cambiassimo approccio? I miei dannati "what if?".

Amplificare, non sostituire

E se invece di chiedere ai leader di diventare qualcosa che non sono (content creator), li aiutassimo ad amplificare ciò che già sono?

Ogni leader, ogni team, ogni organizzazione produce costantemente intuizioni, storie, apprendimenti. Il problema non è la mancanza di contenuto. Il problema è che queste perle di saggezza pratica rimangono intrappolate nelle sale riunioni, nelle mail interne, nelle conversazioni di corridoio.

L'AI, usata con saggezza, potrebbe essere lo strumento di amplificazione perfetto. Non per sostituire la voce autentica con prose generiche, ma per catturare, raffinare e distribuire le intuizioni genuine che emergono dal lavoro quotidiano di trasformazione.

Un sistema organico di amplificazione

Immagino un sistema che rispetti la natura organica della comunicazione autentica:

Cattura: durante i processi di trasformazione, i workshop, le riunioni, i momenti di riflessione, si registrano (anche solo in audio) le intuizioni chiave, le storie, gli apprendimenti.

Trasformazione: queste intuizioni grezze vengono trasformate con l'aiuto dell'AI in contenuti diversi, ma mantenendo la voce autentica: un post di riflessione, un caso studio, una lezione appresa.

Amplificazione: i contenuti vengono distribuiti dove hanno risonanza, non ovunque. Non per presenza ossessiva, ma per valore genuino.

Integrazione: tutto questo non come attività separata, ma integrata naturalmente nel processo di trasformazione già in corso.

Una provocazione finale

L'articolo che ho letto questa mattina aveva ragione su una cosa: rimanere invisibili ha un costo sempre più alto. Ma la soluzione non è diventare tutti content creator. La soluzione è trovare modi autentici e sostenibili per far emergere e amplificare la saggezza che già produciamo nel nostro lavoro quotidiano.

Per alcuni, questo significherà costruire un proprio sistema di content creation. Per i più, significherà collaborare con partner di spessore che sappiano amplificare la loro voce mantenendone l'autenticità. Per tutti, significherà smettere di vedere la comunicazione come un'attività separata dal "vero lavoro" e iniziare a vederla come parte integrante del valore che creiamo.

Chiediamoci quali intuizioni preziose stiamo lasciando evaporare. Quale saggezza pratica rimane chiusa nelle sale riunioni dove sediamo. Cosa succederebbe se iniziassi ad amplificare, invece di sostituire, la tua voce autentica?

Se questa riflessione ti ha colpito e vuoi esplorare come potrebbe funzionare per te o la tua organizzazione, parliamone. Non per trasformarti in content creator, ma per attivare la voce che già hai.


Jack Sabba Capetta è un attivista organizzativo che progetta processi collaborativi per trasformare la complessità in chiarezza strategica. Questa riflessione è nata da un'urgenza comunicativa genuina, non da un piano editoriale.

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